• Sectumsempra ~ Harry Potter Gdr }

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margot .
view post Posted on 2/8/2011, 21:30




Senzatitolo-2
Il tramonto ad Hogwarts era davvero la cosa più bella che potesse esistere. Le mura del castello sembravano molto più scure e tetre, certo, ma era come se tutt’attorno ci fosse una sorta di aura rossiccia che scaldava la pelle in modo piacevole. Certo, forse un po’ troppo in stile Grifondoro, ma andava bene lo stesso. Chiusi alle mie spalle il grande portone d’entrata del castello, con una mezza idea di recarmi nella foresta proibita alla ricerca di lucciole magiche. C’erano pochi ragazzi in giardino, forse una decina. In realtà tutto il castello era semi deserto: le vacanze estive avevano portato via l’allegria che in genere si trovava ovunque. Allegria, davvero? Negli ultimi tempi non poteva definirsi proprio così. Dopo l’attacco dei Mangiamorte alla scuola era tutto cambiato…
Lezioni sospese, studenti costretti dai genitori a tornare a casa. E così noi studenti del settimo anno avevamo saltato i M.A.G.O. e ci toccava ripetere un anno per le lezioni perse. Gran culo, oh.
Anch’io ero quindi fuggita da quel luogo in cui prima o poi sarei impazzita. Mi ero rifugiata in Cornovaglia, nella casetta di legno sul lago. Avevo chiamato Jac qualche giorno, ma per il resto ero rimasta da sola. Neanche avevo trascorso un giorno con mio padre in Francia, nel mio paese natale. Ero tornata direttamente ad Hogwarts, la mia vera casa di sempre…
Evitai accuratamente uno gnomo che saltellava nel giardino, per poi deviare involontariamente verso il campo di Quidditch. Da quando non vedevo una partita? Da quanto tempo non indossavo un cappellino Slyth o non mi dipingevo la faccia con l’argento e il verde smeraldo? Troppo. Essere Caposcuola toglieva troppo tempo. Istintivamente posai la mano sulla borsa, dove era contenuta la scatolina di velluto nera con dentro la spilla che avevo indossato per ben due anni. L’avrei nuovamente appuntata al petto? Non lo sapevo, davvero. Una volta giunta al campo enorme della scuola, mi diressi a passo lento esattamente verso il centro di quest’ultimo. Sembrava molto più piccolo dalle panche in alto, ma in realtà era enorme. Non camminavo lì dalle lezioni del primo anno di volo. Lasciai cadere la borsa a terra, per poi stiracchiare con le mani le pieghe del vestito bordeaux e sedermi. Mi allungai, aprendo le braccia come se stessi volando. Le nuvole colorate d’arancio assumevano delle forme strane: folletto, puffola pugmea, una rosa… Le rose nere… Rabbrividii al pensiero di quella notte.
Chissà se Alex era riuscito a difendersi dai Mangiamorte… L’avevo visto di sfuggita, e poi stop. Era scomparso dalla mia vita, letteralmente. Non sapevo neanche se stavamo più insieme, se mai lo eravamo stati. Sentii un peso al petto che quasi non mi permetteva di respirare. Io ci tenevo davvero, ma lui era troppo sfuggente. Riuscivo ad afferrarlo e poi scivolava via, sempre troppo in fretta. Addirittura lo sognavo di notte, sognavo di essere ancora tra le sue braccia come dopo la festa a casa dei Lestrange. Come quella sera sfuggente a Nocturn Alley, in quello squallido salottino dietro un bar rumoroso. Oppure nel bagno di Mirtilla Malcontenta, quando per la prima volta mi accorsi davvero di lui. Sospirai, scacciando quel pensiero definitivamente. Socchiusi gli occhi. Se qualcuno fosse passato in quel momento mi avrebbe presa per pazza. O avrebbe pensato che stessi male, al centro del campo di Quidditch, distesa e con le braccia aperte verso il cielo. Pazienza.
Forse avevo bisogno di un abbraccio, uno soltanto. Jaques mi mancava. Il mio migliore amico probabilmente si stava divertendo in qualche festino sulle rive di una spiaggia lontana. Sarebbe stato più che normale aspettarselo da lui. Strinsi con una mano l’erba sotto di me, strappandone alcuni ciuffetti. Rimasi immobile, avvolta dal silenzio e da quel leggero vento di mezza estate. Solo io & Margot.
 
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Jaques
view post Posted on 4/8/2011, 20:30








Arrancavo a fatica lungo le scale che fortunatamente quella sera erano troppo pigre per cambiare direzione, altrimenti sarei collassato al suolo morto stecchito. Non mi si poteva definire di certo un mangione, anzi, il più delle volte la mia cena consisteva in una coscia di pollo e un po' di patate al forno, ma non quella sera. Quella sera infatti ero sceso in Sala Grande con lo stomaco dilaniato da una fame da lupi ed avevo ingurgitato Dio solo sa cosa. Pollo, patatine, pasticcio di carne, zuppa di pesce, fagioli bolliti, succo di zucca a volontà, torta glassata, budino alla menta piperita, non mi ero posto alcun limite ed ora ne stavo pagando le conseguenze. Avevo la pancia così piena da credere giustamente che sarebbe scoppiata da un momento all'altro spandendo cibarie non ancora digerite sugli abitanti delle tele che mi guardavano dall'alto delle loro cornici dorate. Se un bambino povero del sud-Africa si rimpinzasse subito di una quantità enorme di cibo rischierebbe anche di morire perchè il suo metabolismo non è più in grado di scomporre e assimilare una tale mole di proteine ed era quello che , più o meno, stava succedendo al sottoscritto. Non so bene come riuscii a mettere piede sul pavimento viscido dei sotterranei la cui caratteristica aria pesante e stantia , piuttosto che inebriarmi le narici come di solito accadeva, mi causò un conato di vomito che riuscii a stento a trattenere No, non potevo stare li dentro. Feci quindi dietro front risalendo le scale sempre con estrema cautela per dirigermi fuori, all’aria aperta che magari mi avrebbe fatto bene. Mi bloccai proprio sulla porta già godendo del leggero venticello estivo che quella sera spirava fra le guglie del castello di magia. Socchiusi gli occhi cercando di non pensare a quello strano movimento circolare che avvertivo nello stomaco ma quando sollevai di nuovo le palpebre scoprendo gli occhi azzurri notai gli sguardi piuttosto stupiti di alcuni ragazzini del primo anno. Voltai il capo nella loro direzione, alla mia sinistra per intenderci, e dopo averli osservati da capo a piedi per una frazione di secondo ciascuno esordii distogliendo lo sguardo e facendo finta di non stare a parlare con loro ma con me stesso.

-Ca**o se quella piccola Serpe del primo anno è pesante da digerire...-

Sinceramente parlando non so come feci ad aprire bocca senza dare di stomaco ma la frasetta era servita allo scopo perchè quei cretini creduloni capirono che non era aria e se la diedero a gambe levate. Fiù, bocche avide di ossigeno in meno: serviva tutto a me quella sera. Tirai su con il naso leggermente cosparso di lentiggini e avanzai, un passo dopo l’altro, verso il lago nero che al momento fungeva da pecchio al sole in lenta discesa. Aaah, il tramonto, apprezzato da molti, odiato dal sottoscritto. Era sicuramente uno spettacolo mozzafiato, per carità divina, ma cazzo, il romanticismo era palpabile nell’aria in quei frangenti e bastava il mal di pancia sinceramente. Camminavo senza guardarmi attorno ed ignorando per l’appunto le coppiettine che si sbaciucchiavano. Cristo santo che ansia tutto ciò. All’orizzonte vidi una chioma rosso fuoco che all’inizio scambiai per quella di Favole ma presto, avvicinandomi, riconobbi in essa Louise, la mia migliore amica. Avevamo passato dei giorni insieme in Cornovaglia ma per il resto non è che avessimo passato poi tutto questo tempo insieme. In realtà non avevamo neanche avuto il tempo materiale per parlare un po’. Non che mi piacesse farlo però Lù era diversa da me, a lei piaceva chiacchierare ed io la ascoltavo sempre, in qualsiasi circostanza. Le arrivai alle spalle sedendomi poi di fianco a lei a gambe incrociate.

- Bonsoir mia bella micia, dimmi che non ti commuoverai davanti a questo tramonto che già mi sento male.-

le feci un sorriso sghembo indicandomi la pancia e per rispondere alla sua occhiata

- non puoi immaginare quanto ho mangiato Lù. Mi sono fatto schifo da solo.-

Eppure anche lei sapeva che di solito non mangiavo tanto. Poggiai i palmi delle mani dietro la schiena, sull’erba , per sorreggermi e guardare davanti a me il sole che andava morendo
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margot .
view post Posted on 8/8/2011, 21:57




Senzatitolo-2
Stavo quasi per addormentarmi seriamente, così magari mi avrebbero trovata lì distesa il mattino dopo. Ma poi sentii un saluto alla francese. E come non riconoscerlo? Sorrisi, tirandomi su subito. Eccola, la mia rennetta preferita. Con Jac ci eravamo dati dei nomignoli durante il periodo natalizio. Certe volte tiravo fuori la storia degli angioletti canterini per farlo incazzare; era divertente, insomma.

Ehi, Jac!

Gli mandai un bacino con la mano, osservando il suo stomaco pieno. Lo pizzicai piano con la mano destra, per poi tirarmi indietro: sinceramente non ci tenevo ad una vomitata. No, non in quel momento.

E comunque no, una Serpeverde non si commuove di fronte a queste cose.

Ma che romanticona, Louise. Certo che mi piaceva osservare le cose dolci, romantiche, che erano descritte in alcuni romanzi babbani. Ma mai lo avrei ammesso davanti a Jac, anche se probabilmente l’avrebbe intuito. Io e lui eravamo così diversi… Avete presente lo Ying e loYang della tradizione cinese? Ecco, eravamo due esatti opposti, come il giorno e la notte. Eppure gli volevo un gran bene, e lo consideravo come un fratello. Come se i miei due fratelli reali non bastassero. Beh, in effetti non bastavano affatto, perché nella mia vita c’erano stati poco e niente. E Jaques compensava entrambi. Chiusi quel cassetto nella mia mente perché il capitolo della mia vita chiamato ‘famiglia’ era quello che odiavo di più.
Approposito di cena, io non avevo ancora mangiato. Mi tirai su, a gambe incrociate. Afferrai la borsa, tirandone fuori un cupcake al cacao con una cremina colorata sopra. Affondai un indice in quella morbidezza assoluta, avvicinando pericolosamente il dito al naso di Jac.

Ops.

Sembrava seriamente una renna adesso. Diedi un morso al dolcetto, appoggiandolo poi sull’erba, tanto era protetto da una cartina colorata intorno. Dovevo parlare con Jac. Sospirai, infilando ancora le mani nella borsa, cacciandone però questa volta uno scatolino nero di velluto. Lo aprii, mostrando la spilla da Caposcuola scintillante. Era lucida, perfetta. Come lo era sempre stata.

Sai, non so se riprendere di nuovo questo incarico. Non mi sembra più adatto a me, ecco. Ricordi l’attacco ad Hogwarts? Avrei dovuto fare di più, avrei dovuto tranquillizzare gli studenti più piccoli. Avrei dovuto fare tante cose, Jac, che invece non ho fatto.
Che poi ho visto Alex di sfuggita e neanche so se adesso sta bene, perché sai cosa? E’ scomparso, come se non fosse la prima volta. Io non ci capisco più nulla, sono confusa. E’ come se mi sentissi in gabbia qui. Hogwarts mi piace, è la mia vera casa ma adesso vorrei soltanto fuggire, andare in un posto lontano per capire cos’è questo peso che ho qui.


Posai una mano proprio lì, sul cuore. Ripresi fiato un attimo. Poi mi bloccai, rendendomi conto che avevo parlato tutto d’un botto, senza fermarmi, e adesso avevo il cuore a mille. Potevo sentirlo nella testa, che batteva furiosamente. Non ero incazzata, magari turbata…
Non avevo mai detto a nessuno ciò che pensavo realmente, ma le persone possono trattenere tutto fino ad un certo punto. Poi scoppiano.

Il fatto è che mi manca, e non so se dirglielo è una cosa giusta oppure no. Mi manca fin troppo.

Ecco l’avevo ammesso. Poteva prendermi pure a bastonate, ma io non sarei riuscita a dimenticare Alex Lanchester. Non prima di aver capito del perché fuggiva via da me in quel modo. Non prima di aver sentito da lui stesso che non gli interessavo, e basta. Fine della storia.
 
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Jaques
view post Posted on 19/8/2011, 12:03






All'arrivo del bacio lanciato spostai la testa di lato fingendo di schivarlo per poi ridacchiare sotto i baffi. Louise era permalosa, da morire, ma mi conosceva meglio di chiunque altro, escluso Cole forse, sapeva come ero fatto e che non doveva prendersela se non dimostravo troppo affetto nei suoi confronti. Molti mi paragonavano a un inverno freddo e gelido e non avevano tutti i torti: solamente con una persona mi si era sciolto il cuore e si vede come era andata a finire. Schioccai la lingua arricciando il naso sul quale recentemente era spuntata qualche lentiggine dalle infinitesimale dimensioni. Solamente stando a pochi centimetri dal mio volto la si poteva notare. Le lanciai uno sguardo mentre ancora aveva gli occhi chiari fissi su quel bel tramonto da film romantico.

- Un serpeverde che si rispetti no. Difatti a me non fa alcun effetto, ma temo che tu abbia sempre avuto una nota di dolcezza nel cuore. Forse saresti dovuta finire fra i Tassi piagnucolosi?!-

Scherzavo, ovviamente e per farglielo capire, evitando così uno sfogo d’ira che, paragonato a quello avvenuto a Natale quando le avevo distrutto le decorazioni, sarebbe stato diecimila volte più potente. Un vero cataclisma di dimensioni cosmiche e tutto mi andava di fare in quel momento tranne che proteggermi con uno scudo magico dai suoi schiantesimi. Dovevo respirare profondamente e cercare di non rigettare la cena addosso agli abiti belli di Louise. Le schioccai quindi l’occhio facendo uno dei miei soliti sorrisi sghembi, con la punta della lingua che si intravedeva appena schiacciata tra le due arcate dentali. Era uno di quei sorrisi che stavano a dire “ Ehy su, non essere così seria con me, non ne vale la pena. Era un gioco, la vita è tutta un gioco.”.
Speravo davvero che avesse funzionato, altrimenti neanche le preghiere in turco avrebbero convinto la mia migliore amica a lasciar correre, almeno per quella sera, le parole pronunciate da una lingua troppo affilata e frettolosa. No, dico sul serio. Io non ero mai stato un tipo particolarmente loquace ma quando parlavo davo fiato alle trombe spesso senza riflettere. Dicevo quello che pensavo, così, di getto: ecco perché stavo sui coglioni a mezza Hogwarts. Quando tirò fuori quel dolcetto quasi dovetti reprimere un conato di vomito voltai la testa di lato, con sul naso quella schifosa pappetta colorata.

-Allontana quello schifo da me, sto per vomitare.-

Non che mi facesse schifo come dolcetto in sé anzi, se l’aveva fatto lei con le sue manine doveva essere sublime, ma al momento e nella mia situazione, la vista del cibo mi dava il voltastomaco. Avevo il braccio teso verso di lei ad allontanare quella fonte di malessere e fino a quando non lo poggiò per terra dalla sua parte, in modo che io non lo potessi vedere, non fui contento e non mi rilassai.
Quando iniziò quel monologo non potei fare altro che guardarla gesticolare quando i tratti si facevano più salienti e sentiti e non potei fare a meno di seguire il movimento della sua mano che si andava a poggiare sul petto, all’altezza del cuore. Non potevo fare battute, non era davvero il caso, lo capivo persino io. Eppure mi faceva un certo effetto vedere Margot così… vulnerabile.
Certo ne aveva passati di momenti brutti e io c’ero sempre stato ma questa volta era diverso. Non era solamente colpa del mondo esterno se stava così, no, stava perdendo fiducia in se stessa e questo non lo potevo sopportare. Sapevo quanto ci teneva a svolgere il ruolo di Caposcuola, aveva sempre adorato aiutare gli altri e non portava quella spilla al petto solamente per dare mostra di sé come invece avrei fatto, ad esempio, io. No, Louise aveva sempre avuto i suoi ideali di vita, ma ora tutte le sue certezze le stavano crollando attorno.
Sospirai strofinandomi il naso con la mano per togliermi quella glassa colorata che mi rendeva ancor meno credibile del solito ma stavo per dire delle cose serie quindi dovevo apparire serio anche io.

-Non avresti potuto fare molto di più Lù. La situazione era quella che era, tutti noi abbiamo collaborato a dare una mano, ognuno ha fatto del suo meglio. Non rimproverarti per qualcosa di cui non hai colpa.-

Credevo seriamente in quello che stavo dicendo. Volevo bene a Louise e ci tenevo che non si angustiasse per cose che erano davvero più grandi di lei, di me, di tutti. La battaglia di Hogwarts si era “risolta” senza troppe perdite, era finita ed era questo l’importante. A me non interessavano gli altri, non interessava l’esito della battaglia, mi interessava come stesse lei.

-Sai micia, al mondo si possono fare tanti sbagli, si possono perdere amici, parenti, amori ma non si deve mai perdere se stessi, altrimenti è la fine.-

Me stesso. Dov’era il mio vero io? Perso, smarrito, abbandonato in quella casa parigina molti anni fa. Ma Louise non avrebbe dovuto fare il mio stesso errore. Allungai una mano verso la sua sul cui palmo c’era lo stemma dorato e chiusi piano le sue dita intorno al piccolo oggetto.

Se pensi che allontanarti dal castello ti faccia ritrovate te stessa, fallo, ma sappi che questa scuola ha bisogno del Caposcuola migliore che abbia mai avuto e che ti aspetterà.

Le feci un sorrisetto per poi aggiungere.

- Non vorrai mica che mollino tale infausto compito al sottoscritto vero? Lo sai che non mi sono mai piaciuti i bambinetti.

La nota ironica finale ci stava tutta, altrimenti non m sarei chiamato Jaques Leclerc.
 
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3 replies since 2/8/2011, 21:30   74 views
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